Il tema del Festival Biblico 2018 – Futuro – ci connette al mistero del tempo, che da sempre inquieta gli uomini e muove emozioni profonde. Il Festival vuole offrire la possibilità di scoprire cosa la Bibbia ha da dire sul futuro e quali orizzonti dischiuda in proposito.
Il futuro è uno sguardo lungo su ciò che ci viene incontro, che ci aspetta e che aspettiamo e sul cambiamento che questo porta con sé e in noi. Spesso oggi il futuro viene confuso con il nuovo, ma il nuovo è solo uno spostamento, una differenza rispetto al prima, il rifiuto di un presente che non vogliamo più. Il futuro, invece, è apertura disponibile, attesa, immaginazione, cammino, anche lotta. Per avere il nuovo serve solo una critica del passato. Per avere futuro occorre una visione sul domani, un obiettivo, una speranza, un’apertura.
Le novità della sezione padovana per l’edizione 2018 (nei giorni 11-13 maggio 2018) sono principalmente tre:
- la serie di eventi prefestival, che creano un progressivo avvicinamento e una qualificata sensibilizzazione alle proposte di maggio 2018
- la delocalizzazione di alcuni eventi fuori città, che favorirà sicuramente il coinvolgimento e l’animazione culturale del territorio
- l’ampliarsi dei soggetti coinvolti, che rende il Festival piattaforma di incontro tra realtà ecclesiali e laiche, momento di formazione su temi di comune interesse.
Proprio grazie a questa sinergia è stato possibile delineare i vari percorsi del festival:
– biblico e teologico, a partire da alcuni testi biblici e da alcune delle questioni teologiche ed esistenziali in essi implicate come il tema fede e storia, quello del discernimento dei segni dei tempi, quello escatologico, ecc.;
– del dialogo che, creando occasioni d’incontro e conoscenza, è contributo al superamento della diffidenza e dei pregiudizi che spesso condizionano e limitano i rapporti tra culture e religioni, per pensare il (e al) futuro come spazio per l’accoglienza dell’altro;
– scientifico che mette a tema questioni legate al rapporto dell’uomo con il cosmo e la sua origine; che si interroga sulla possibilità di un fine oltre che di una fine, e che sullo sfondo della relazione “presente/passato/futuro” imposta la questione del rapporto tra corpo e coscienza;
– sociale che fa i conti con le questioni che la proiezione verso il futuro pone alla società, alla democrazia, all’economia, alla comunicazione, anche di fronte agli inediti scenari posti dal digitale;
– letterario e artistico che mostra la potenza della memoria e dell’immaginazione in ordine alla trasformazione della realtà e al cammino dell’uomo nel mondo e nella storia.
Come costruire il futuro che non c’è, in un tempo a geometria variabile, in una scena mondiale irretita dall’insicurezza e dilaniata dai conflitti, in una psicosi collettiva dominata dalla paura più che dalla speranza? Coltivando la pazienza e la cura, coltivando la fede nella promessa del Dio affidabile. Chi crede così nel futuro si prende liberamente cura del presente, cioè degli uomini e delle donne che trova lungo la strada, della Terra che ha avuto in eredità. Ma il futuro non va solo coltivato, va immaginato, sperato, colto nei segni che lascia in anticipo di sé, visto laddove si nasconde; va allora portato alla luce, come una candela sopra il moggio. Chi crede nel futuro lo fa perché, per la promessa del Dio affidabile, crede che nessun tempo è segnato dal male senza speranza.
don Roberto Ravazzolo, referente del Festival biblico a Padova