IO SONO CON TE
di Guido Chiesa
drammatico, 102’
La giovane Maria, figlia di pastori, è promessa in sposa a Giuseppe, un vedovo con due figli, abitante nel vicino villaggio di Nazareth, nella Galilea di duemila anni fa. Lasciata la propria casa, Maria ben presto ravvisa le storture del mondo patriarcale che la circonda, a partire dalla famiglia del marito dove detta legge Mardocheo, fratello più anziano di Giuseppe. L’atteggiamento determinato della ragazza, protettivo nei confronti dei bambini, provoca l’indignazione del capofamiglia e di quanti sono convinti della necessità di impartire loro punizioni e disciplina. Dando alla luce suo figlio Gesù, Maria si trova ad affrontare scelte decisive, destinate a creare stupore e scandalo.
Spiega Guido Chiesa: «Io sono con te è prima di tutto il racconto di una maternità: quella di Maria di Nazareth, dal concepimento fino all’adolescenza di suo figlio Gesù. Il ritratto di una madre e della relazione con il proprio figlio, sostenuta dalla presenza discreta di Giuseppe, il patriarca “che si fa da parte”, rinunciando al primato maschile. Una storia universale perché legata a passaggi fondamentali delle nostre vite e radicati dentro ciascuno di noi… in una prospettiva squisitamente femminile (…)». Queste frasi aiutano a entrare con maggiore puntualità e aderenza nella costruzione stilistica ed emotiva realizzata dal regista. Affidandosi a un’architettura narrativa solo in apparenza di facile sintassi, Chiesa opera un’ardita, sottile sintesi tra l’intenzione di scavalcare l’iconografia fino ad oggi acquisita e la scelta di non operare alcun snaturamento sostanziale. Da qui lo scenario tutto in esterni (una Tunisia riarsa) con costumi, oggetti e lingua coerenti (oltre alla versione doppiata, c’è quella parlata nella lingua contemporanea), dentro il quale si affacciano frasi, comportamenti, domande che è facile definire più pertinenti a epoche successive. Ma la scommessa di Guido (e di Nicoletta Micheli, cosceneggiatrice) è proprio qui: creare le premesse non per una “modernità” forse banale ma per una attualità fuori dal tempo e dalla storia. Indicare in quella madre che genera il Salvatore la donna che si muove nella prerogativa della “grazia”, e mette al servizio del progetto la propria natura femminile. Il riferimento ai testi resta di sfondo (in particolare il Vangelo di Luca) e tuttavia rispettoso. «Personalmente – aggiunge Chiesa – non ho il dono spontaneo della fede, sono sempre stato problematico, il mio è un percorso intellettuale faticoso, tutt’altro che concluso, ma mi ha portato a cominciare a capire certe cose. Maria vive le emozioni, il cuore, tutto ciò che sfugge alla razionalità». Ecco allora che il volto rugoso della Vergine anziana (che apre e chiude il copione) diventa la soglia sulla quale si apre il confronto con il Mistero. Le domande, la voglia di capire, di confrontarsi con ciò che non si vede: lo sguardo del regista compone una scrittura filmica rigida e appassionata, fatta di panoramiche serene e di dettagli inquietanti. Ci viene chiesto, attraverso Maria, non di essere uomini e donne del nostro tempo ma di quel Tempo unico nel quale l’essere umano è al centro di tutto, e un bambino scalda la nostra anima per sempre. Film di notevole interesse, che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti (a cura della Commissione nazionale valutazione film CEI).
AMERICAN LIFE
di Sam Mendes
drammatico, 98′
Colti di sorpresa dalla notizia che i genitori di lui si trasferiranno per due anni in Europa, Burt e Verona, che stanno insieme da tempo e aspettano il primo figlio, decidono di mettersi in viaggio in cerca di un sostegno e di un luogo ideale dove trasferirsi. Dal Colorado arrivano a Phoenix, Tucson, il Wisconsin, Montreal e infine Miami. Incontrano alcuni parenti, amici dei tempi del college, altre persone, e toccano con mano il loro modo di vivere, di essere madri e padri, di rapportarsi con i figli, di essere o meno “famiglia”. Il ritorno a casa li convince di aver trovato il luogo dove costruire il loro futuro.
34 anni lei, 33 lui, lei dice un no deciso alla richiesta di lui di sposarsi, lui le chiede di promettergli che non lo lascerà mai. Su questa coppia non sposata ma profondamente innamorata, sul figlio che sta per nascere, su dove nascerà e in quali ambienti crescerà, il copione disegna a poco a poco il ritratto dell’America contemporanea, dei suoi strappi esistenziali, delle ferite interiori, delle incertezze e della voglia di non arrendersi, perché la vita si rinnova. Mendes affresca un diario on the road che passa su molti vuoti ma finisce sul pieno di alcuni valori irrinunciabili: fiducia, rispetto, concretezza, amore. Ne esce un ritratto generazionale pieno di fremiti e palpitazioni, paure e entusiasmi, una cronaca che diventa storia mentre accade. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti (a cura della Commissione nazionale valutazione film CEI).
JUNO
di Jason Reitman
commedia, 92′
In America Juno è una ragazzina di sedici anni che decide di affrontare la prima esperienza sessuale. Dopo il rapporto con l’amico e coetaneo Paulie, resta incinta, rifiuta l’aborto quando si trova nella clinica specializzata, decide che, appena nato, darà il figlio in adozione a una coppia che ne ha fatto richiesta. Nei mesi successivi la coppia, che sembrava molto legata, va incontro a dissapori fino alla separazione. Juno però continua ad avere molta stima per la donna, di nome Vanessa, e le chiede se il suo desiderio è rimasto lo stesso. La risposta è positiva e il neonato andrà a lei. Juno e Paulie però si avvicinano e si scambiano un affetto autentico.
Sul rispetto, primario e inderogabile, per la vita che nasce, non ci possono essere equivoci. È probabile, come talvolta capita, che l’urgenza e i molti incalzanti dibattiti sull’argomento “aborto” in Italia abbiano indotto a tirare da una parte o dall’altra un film che ha meno importanza di quello che gli è stata attribuita. Va notato che la brillantezza dei dialoghi e dello svolgimento narrativo fa velo sul senso profondo della nascita di una vita in una adolescente, e tutto il quadro circostante sa più di maniera che di reale analisi etica e interiore del problema. Il film va dunque accostato con prudenza e misura e, dal punto di vista pastorale, è da valutare come discutibile, certo problematico e adatto per dibattiti (a cura della Commissione nazionale valutazione film CEI).