Dono o spreco? Si sono dati risposte diverse i personaggi dell’episodio evangelico, che troviamo in Gv 12,1-1,1 e racconta di Maria, sorella di Lazzaro che unge i piedi di Gesù con del profumo di nardo costosissimo. Per Giuda è lampante, quasi immediato giudicarlo uno spreco, ( il narratore poi precisa che l’ha fatto perché era ladro), in Maria non c’è esitazione, prende il contenuto di quel vaso e lo versa sui piedi di Gesù senza risparmio, non fa calcoli, per lei il maestro è lì e ha l’esclusività delle sue attenzioni; Gesù accoglie con gratitudine questo dono e apprezza, addirittura rimprovera Giuda. La circostanza è la stessa eppure…
Anche noi ci troviamo qualche volta a valutare differentemente, a seconda del periodo più o meno felice che stiamo vivendo, le occasioni che viviamo, come dono o come spreco. Eppure scegliere di vivere a partire dalla gratuità del dono ci fa crescere in umanità.
C’è un’altra parabola che può darci un’ulteriore luce e sembra riproporre il tema, se non dello spreco, quello di una larghezza non consueta. La parabola dei lavoratori a giornata (Mt 20,1-16). Quelli dell’ultima ora, percepiscono lo stesso stipendio dei primi, che hanno faticato tutto il giorno e per questo protestano; non vengono gratificati neanche con qualche piccolo ”premio produzione”, la risposta di Gesù è illuminante, perché ci fa intuire che Lui non esclude nessuno. A turno siamo tutti come quei braccianti dell’ultima ora, e quando ne facciamo esperienza possiamo cominciare a comprendere che il padrone è buono, per questo fa differenze, è giusto, dà quanto promesso, ma è sopratutto buono perché ha a cuore fino all’ultimo dei suoi lavoratori, ci insegna che la regola della fraternità è l’unica possibile perché la nostra vita e quella di ogni altro fratello sia dignitosa e realizzata.
Vivere la fraternità come carità, cioè come dono, è cammino di tutta la vita e richiede una continua purificazione; un ambito privilegiato per avanzare in questo percorso è quello dei Centri di Ascolto Caritas, dove un’umanità spesso ferita, altro non chiede che condividere la fatica del momento. Al di là degli inevitabili dubbi sui passi da fare che accompagnano ogni incontro, si impara, come solo la fraternità, partecipata e vissuta, riattivi processi di cambiamento positivi e salvi dalla disperazione.
Quando una persona chiede, ha bisogno di sentirsi compresa, non più sola e guardata nel proprio bisogno immediato, quando una persona ascolta viene sollecitata nella sua capacità di empatia e può far crescere in sé una visione più completa dell’esistenza, cura così anche le sue ferite, magari sopite e si riappropria del senso più profondo della vita.
In questo scambio vicendevole nel quale accogliamo e siamo accolti possiamo sperimentare che le sfide che la vita ci impone, possono diventare occasioni di crescita e come nella casa di Betania il profumo ha invaso ogni spazio e tutti ne hanno beneficiato, così la nostra fraternità vissuta, potrà far espandere ovunque il profumo della carità di Cristo.
Vania Rampone, volontaria Centro di Ascolto Caritas di Tencarola