Volontariato: tre attenzioni per farlo fruttare

Lettera diocesana 2017/03

1 settembre 2011. L’ufficio della Caritas diocesana ha riaperto da qualche settimana dopo la breve pausa estiva. Alle 10.15 suona alla porta un distinto signore di 67 anni. Giacca, camicia, piglio deciso di chi non è abituato a perdere tempo. Si chiama F., è andato in pensione dopo 40 anni di lavoro come commerciale e dirigente. Comincia a raccontarsi con una sintesi della sua vita professionale: è sempre stato bravo, capace, determinato, ha lavorato di qua e di là, ha macinato chilometri e progetti, ha sempre seguito ritmi incalzanti e dato priorità a valori che garantivano un ritorno nel business. Poi l’aggancio: negli ultimi anni è nato in lui un desiderio, sempre più forte, di vivere e spendersi con una logica diversa. Ed eccolo qui, umile ma risoluto, davanti alla porta della Caritas. Il signor F. è stato il primo fruitore dello Sportello di orientamento al volontariato proposto dalla Caritas diocesana. Una chiacchierata distesa per conoscere motivazioni e aspettative e presentare alcune possibilità di servizio. Da quel giorno di settembre fino a oggi sono passati dallo sportello 320 persone, una media di circa 55 persone all’anno, di cui la metà giovani sotto i 29 anni. L’esperienza raccolta in questi anni ci aiuta a offrire qualche considerazione.

Il volontariato ha un’aurea magica: è riconosciuto e considerato come un’esperienza di grande valore dal punto di vista umano, sociale e di fede. Questa percezione, che risponde a verità, rischia di far scivolare il pensiero propositivo verso il minimo sindacale: «L’importante è fare qualcosa di volontariato, perché fa bene». Questa posizione al risparmio guarda al volontariato come a una pietanza buona per tutti, comunque venga cucinata.

L’esperienza dello sportello ci fa pensare che sono necessarie tre attenzioni in più, soprattutto se guardiamo al volontariato come a una grande opportunità di crescita per i giovani.

  • Le storie di vita, i punti di partenza, i desideri, le attese delle persone incontrate ci raccontano di una grande varietà di umanità. Il volontariato ha una capacità di attrazione per percorsi di vita anche diversissimi tra loro, il primo passo è guardarsi dentro (o aiutare a guardarsi dentro) per dare un nome a quelle voci che spingono (o possono spingere) verso la scelta di iniziare un servizio. La scelta del volontariato parla spesso in dialetto con la propria interiorità.
  • Le esperienze di volontariato sono molto diverse tra loro. Compiti, destinatari, clima e dinamiche relazionali, frequenza, costanza, impatto sociale, …Non esiste la realtà perfetta per fare un servizio, ma si può fare una scelta più consapevole se si è dedicato un po’ di tempo al primo punto, e se si conoscono un po’ le realtà disponibili.
  • L’esperienza del volontariato è immersiva: mette in gioco pensieri, sentimenti, comportamenti.

Può commuovere, sbalordire, sorprendere, spaventare, entusiasmare. La ricchezza dell’esperienza sta in questo fermento, se viene colto e valorizzato per crescere.

Chi dovrebbe fare tutte queste cose?
Chi dovrebbe incontrare, ascoltare, orientare, accompagnare?

Questa domanda spesso mette in crisi. Ci sono realtà educative che promuovono l’esperienza del servizio e curano alcuni di questi passaggi, ci sono contesti in cui invece manca qualunque punto di riferimento.

Nei prossimi mesi come Caritas diocesana vorremmo tentare un esperimento. Uno Sportello di orientamento vicariale al volontariato, in un vicariato della Diocesi. Un piccolo segno per capire se come Chiesa possiamo costruire una porta aperta, visibile e disponibile; un modo per esprimere come comunità l’attenzione, il valore, la cura di questi passaggi che permettono di rendere l’esperienza di servizio ancora più preziosa e fruttuosa.

Giorgio Pusceddu, Caritas Padova