Servire Dio nella Carità

Lettera diocesana_Sguardi 2021/01

La carità nella visione islamica non è, limitatamente, il gesto assistenzialista di elargire un modesto contributo per la sopravvivenza a chi non dispone di nulla. Come la carità cristiana essa include in sé la solidarietà e la vicinanza che si deve avere verso i più deboli e i più bisognosi e quindi anche dar da mangiare agli affamati, curare gli ammalati, vestire gli ignudi, dar da bere agli assetati, ospitare i pellegrini, confortare gli infermi, sostenere i più deboli.

Ma la carità islamica nella sua espressione più integrata la si può toccare con mano negli insegnamenti Coranici e nell’esempio del Profeta e della Sua prima Comunità di fedeli. Essa non si limita, come già detto, a un semplice atto di benevolenza volontario e privato ma è una pratica sociale altamente strutturata che coinvolge un’intera comunità con le sue istituzioni pubbliche e private.

Lungo i secoli di splendore della civiltà islamica, la carità islamica si è espressa attraverso numerosi istituti e enti perfezionati nel tempo:

  • il primo tra questi strumenti, l’istituto della Zakat obbligatoria (decima) che costituisce la terza colonna dell’Islam e rappresenta la forma più alta di sussidiarietà nella società islamica. Da ricordare che le otto categorie di persone a cui vanno destinati le risorse raccolte da questo istituto sono ben definiti da Dio nel Corano e quindi non sono ammessi privilegi o ingiustizie al riguardo.
  • Un altro istituto importante che ha accompagnato per secoli lo sviluppo della società islamica nei vari settori della vita sociale è l’istituto del Waqf islamico molto simile al modello delle fondazioni che conosciamo oggi. Attraverso questo meccanismo sono state avviate numerose iniziative caritatevoli in ambito sanitario, scolastico, universitario, occupazionale, familiare, culturale ecc… Da qui deriva il nome del Ministero degli affari religiosi e al Awqaf (plurale di Waqf) presente in diversi paesi musulmani.
  • l’Istituto della cassa di risparmio della comunità “Beytù malì al muslimin” che già ai tempi del secondo Califfo Omar, consentiva, tra l’altro, di elargire sussidi e pensioni sociali ai bisognosi, alle persone disabili, alle vedove, agli anziani anche non musulmani.
  • l’Istituto dell’elemosina privata e volontaria lasciato alla buona volontà del fedele. A questo proposito, l’Islam invita i musulmani a dare prova della propria disponibilità e generosità, di interessarsi dei fratelli più poveri e più fragili e di farsi prossimo degli emarginati e degli esclusi: «Non avrete la vera pietà finché non sarete generosi con ciò che più amate. Tutto quello che donate, Dio lo conosce» (Corano, 3:92); «… E ti chiedono: “Cosa dobbiamo dare in elemosina?” Dì: “Il sovrappiù”. Così Dio vi espone i Suoi segni, affinché meditiate» (Corano, 2:219); «O voi che credete, elargite le cose migliori che vi siete guadagnati e di ciò che Noi abbiamo fatto spuntare per voi dalla terra. Non scegliete appositamente il peggio, ciò che voi accettereste soltanto chiudendo gli occhi» (Corano, 2:267).

Il Profeta inoltre ci insegna a essere tesi alla carità: «Figli di Adamo! Donare al di là dei vostri bisogni è meglio per voi, trattenerlo è peggio per voi. Ma non sarete biasimati per esservi assicurati ciò che vi necessita. Date per primi a coloro che dipendono da voi»; «Donate senza restrizione, affinché Dio non restringa i suoi favori nei vostri confronti; non accumulate, affinché Dio non vi privi dei suoi benefici; donate anche il poco che potete»; «La miglior carità è quella che fa la mano destra e che la mano sinistra ignora».

L’Islam ci invita a donare con discrezione, per rispettare la dignità del ricevente e salvaguardare la privacy delle persone, affinché la carità non si trasformi in vanità o peggio in una dimostrazione di supremazia e di superbia: «O voi che credete, non vanificate le vostre elemosine con rimproveri e vessazioni, come quello che dà per mostrarsi alla gente e non crede in Dio e nell’Ultimo Giorno. Egli è come una roccia ricoperta di polvere sulla quale si rovescia un acquazzone e la lascia nuda. Essi non avranno alcun vantaggio dalle loro azioni. Dio non guida il popolo dei miscredenti» (Corano, 2:264).

La carità comincia con i parenti prossimi, poi con quelli più lontani, quindi con i vicini bisognosi, con i poveri della comunità, con le vedove, gli orfani, i debitori, i viandanti, coloro che lottano ed emigrano per la causa di Dio, ossia con tutti coloro che vivono nella ristrettezza e nel bisogno e che spesso, per dignità, non lo danno a vedere: «Ti chiederanno: “Cosa dobbiamo dare in elemosina?” Dì: “I beni che erogate siano destinati ai genitori, ai parenti, agli orfani, ai poveri e ai viandanti diseredati. E Dio conosce tutto il bene che fate» (Corano, 2:215). «Date ai poveri che sono assediati per la causa di Dio, che non possono andare per il mondo a loro piacere. L’ignorante li crede agiati perché si astengono dalla mendicità. Li conoscerai per questo segno, che non chiedono alla gente importunandola. E tutto ciò che elargirete nel bene, Dio lo conosce» (Corano, 2:273).

La miglior carità è quella che fa la mano destra e che la mano sinistra ignora. Quando l’aiuto non può essere dato materialmente, deve essere dato con le buone parole, col sostegno morale e con l’incoraggiamento. Ogni azione di bontà è carità.

È carità pregare Dio per i fratelli nel bisogno, come lo è essere generosi nel perdono e nella condivisione delle loro pene: «Le buone parole e il perdono sono migliori dell’elemosina seguita da vessazioni. Dio è Colui che non ha bisogno di nulla, è indulgente» (Corano, 2:263).

Numerosi Hadith mettono l’enfasi sul significato della carità. Così si è espresso il Profeta: «Se sorridi incontrando tuo fratello, gli raccomandi ciò che è bene, lo metti in guardia contro il male, o guidi chi ha preso una strada sbagliata, aiuti il cieco sul suo cammino, togli dalla via un oggetto pericoloso, o fai deviare la tua acqua nella fonte del tuo fratello, tutte queste azioni sono considerate come carità».

In Italia, i musulmani organizzati in associazioni, comunità locali e nazionali cercano da anni di vivere secondo questi insegnamenti e adoperandosi per numerose iniziative di solidarietà e di generosità.

Una generosità che non si limita al fratello nella fede ma va ben oltre per raggiungere ogni persona nel bisogno e nella difficoltà. E così la carità diventa una leva straordinaria per entrare in dialogo con il nuovo contesto sociale facendo tesoro dell’insegnamento profetico: «Non sarà mai un credente autentico chi dorme sazio mentre suo vicino soffre di fame».

La carità che significa vivere la propria città o quartiere con uno spirito di servizio e di generosità prendendosi cura delle persone, del patrimonio storico e artistico ma anche del paesaggio urbano.

Nell’ultimo anno per esempio numerose iniziative sono state promosse in tante città italiane da gruppi e associazioni nonché comunità religiose locali e nazionali a tutela della salute pubblica e delle persone sole ed emarginate. Raccolta fondi per ospedali e protezione civile, acquisto e distribuzione gratuita di dispositivi per la protezione individuale, visite a persone anziane e sole, donazione di sangue, distribuzione di pacchi alimentari e tante altre iniziative simili. Tutto questo bene trova la sua radice nel profondo senso di riconoscenza dei musulmani d’Italia a questo paese e il forte desiderio di essere coerenti con la propria fede.

Imam Kamel Layachi, Comunità islamica del Veneto