Programmazione e formazione, non solo buona volontà

Lettera diocesana_Sguardi_2022/02

In oratorio si progetta o si improvvisa?

A questa provocatoria domanda proviamo a rispondere a partire dalla nostra esperienza come animatrici di comunità in oratorio. Una figura professionale nuova nata nel 2018 per volontà del vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol, che ha inviato in dieci oratori della Diocesi altrettanti animatori di comunità per un servizio triennale. L’obiettivo del progetto era quello di accompagnare le comunità e instaurare delle buone prassi, grazie a uno sguardo esterno e soprattutto formato. Il nostro contratto prevedeva una parte prevalente di ore di presenza in oratorio e di programmazione settimanale insieme ai parroci referenti, la restante parte delle ore lavorative era dedicata alla supervisione e alla formazione, attraverso la quale abbiamo potuto acquisire tecniche e strumenti specifici.

Il primo obiettivo del nostro lavoro è stato aiutare le comunità a riconoscere i propri bisogni e individuare e valorizzare le proprie risorse, umane e materiali. Fin da questa prima indagine ci siamo rese conto che non esiste una soluzione applicabile a tutte le realtà ma che ogni oratorio ha le proprie peculiarità perché è frutto di incontri e ha una storia da ascoltare.

Proprio per il fatto che l’oratorio è come un luogo che vive, la sua storia porta con sé un valore da rispettare ma anche il rischio che quest’ultima diventi una ripetizione di proposte e attività di anno in anno sempre uguali, programmate secondo la regola del “si è sempre fatto così”. La nostra presenza in alcune realtà è riuscita a scardinare questo meccanismo proprio perché abbiamo messo in discussione questo principio, ponendo delle domande e ragionando con le comunità sulle proprie motivazioni.

Ci siamo rese conto che è importante per le comunità avere uno sguardo ampio e lungimirante. Ampio perché mai come oggi le comunità hanno bisogno di creare alleanze interne tra i gruppi esistenti ed esterne con il territorio, e lungimirante perché hanno bisogno di sognare in grande e non avere paura di attivare processi. In questo possono avere un ruolo chiave sia i giovani che hanno il coraggio di osare sia gli adulti che hanno l’esperienza per poterli accompagnare.

Recuperando la domanda iniziale possiamo dire che la risposta è diversa da un oratorio all’altro ma che per far emergere i bisogni reali di una comunità e avviare processi che diano a essi una risposta non ci si può affidare all’improvvisazione. Il nostro invito, dunque, è quello di investire sui momenti preparatori a inizio anno, puntando molto sull’ascolto reciproco, magari coinvolgendo con attività specifiche anche “i distanti”, non perdere le occasioni di formazione per i volontari e quando possibile avvalersi di un accompagnamento formato. Il fermarsi sulla programmazione, magari con momenti di condivisione tra i vari gruppi parrocchiali, permette di costruire quello sguardo ampio e lungimirante che aiuta a crescere.

Giulia Bin e Matilde Mantoan, animatrici di comunità (Vicenza)