Messale Romano: il germoglio per un rinnovamento delle comunità

Lettera diocesana 2021/11

Ci siamo abituati presto: “rugiada”, “fratelli e sorelle“… Dopo un anno, possiamo dirlo, sappiamo quali erano le novità e che ora non lo sono più. Ma non possiamo ridurre l’edizione del Messale a un ritocco superficiale, come se fosse un arbre-magique appeso sullo specchietto della vecchia auto: nei primi giorni sa di nuovo, ma poi è sempre la stessa macchina.

Rischiamo di trattarlo come un ritocco che non incide in profondità sul celebrare di tutta l’assemblea. Infatti questa edizione non è motivata da un restyling testuale ma piuttosto punta a uno sforzo celebrativo. In gioco ci sono le dinamiche della celebrazione nella sua interezza che permettono di sentire Dio nei linguaggi rituali. La grande sfida che ci è rivolta non riguarda la “rugiada”, ma fare in modo che il Messale diventi celebrazione per una specifica assemblea. La nostra attenzione deve essere posta su coloro che celebrano perché possano sperimentare il Mistero. Pigrizia, creatività scriteriata, ampollosità ridondante e un certo narcisismo purtroppo cozzano con quella cura per l’azione rituale che la riforma liturgica ha promosso e devitalizzano in senso spirituale la celebrazione. Il Mistero è sempre lo stesso, ma il modo di celebrare deve considerare l’umanità di chi celebra. Questo è il rinnovamento che il Messale esige: tradurre in azione i linguaggi celebrativi perché si dia un’effettiva partecipazione a ciò che si celebra e tramite la celebrazione al Mistero. In questo modo la liturgia potrà «trasfigurare la vita tenendo insieme la fedeltà al Mistero e all’assemblea»[1]. Se entriamo in quest’arte, che sa di carità pastorale, il Messale non sarà un arbre-magique avvizzito, ma il germoglio da cui speriamo un rinnovamento per le nostre comunità.

don Sebastiano Bertin, vicario parrocchiale di Montegrotto Terme, Mezzavia e Turri


[1] P. Tomatis, Vita alla sorgente. Introduzione alla liturgia e ai sacramenti, Città Nuova, Roma 2019, p. 126.