La cultura digitale

Lettera diocesana 2020/05

Il Direttorio per la Catechesi emanato dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, al capitolo X affronta la questione della catechesi in relazioni ai contesti socio culturali, e ampia parte di questa sezione viene occupata da Catechesi e la cultura digitale. È significativo, che un testo ufficiale della Chiesa, consideri il digitale come un «contesto culturale», ovvero uno spazio dove i soggetti non solo utilizzano una tecnologia, piuttosto che questa abbia il potere di modificare-performare il soggetto che se ne serve. In effetti i linguaggi multimediali dei media digitali tendono a creare dei veri propri ambienti nei quali il soggetto vi si trova immerso.

Tutto ciò accade perché i linguaggi multimediali spingono a un approccio alla realtà che fa leva sui sensi estetici del corpo. Questa modalità di esperire si offre, oggigiorno, in forma sempre più massiccia e ampia, nel senso che i linguaggi dei quali il virtuale “si impossessa” sono sempre più vari e aumentano in quantità. Parimenti si assiste all’accrescere anche della qualità, ovvero della potenza, dei new media, i quali sembrano voler aspirare a eguagliare l’uomo se non addirittura a superarlo: il vedere e il sentire, il toccare e l’odorare, il gustare, l’attuare movimenti ed espressioni. Toccare, ad esempio, il vetro di un dispositivo in modalità touchscreen significa partecipare all’opera creativa di un nuovo e personale palinsesto e poter affermare: «Questo l’ho fatto io, l’ho fatto vedendo, toccando, creando una realtà che prima non c’era».

Inoltre se si riflette sulla frequenza con cui le giovani generazioni ripetono queste operazioni, si conclude che questa esperienza sensibile è, oltre che varia e forte qualitativamente, anche determinante quantitativamente. È determinante poiché tanto più frequente è l’utilizzo di un qualsiasi strumento, quanto più si modifica il rapporto che l’uomo ha con la realtà e, quindi, anche con se stesso. È una vera “operazione” e rivoluzione culturale.

Lo strumento in questione tende a riprodurre i sensi del corpo umano, per questo viene chiamato virtuale, infatti esso non è un’altra realtà dall’uomo, come ad esempio, la sedia sulla quale sono seduto. I new media tendono a riprodurre le capacità dell’uomo, le sue strutture più complesse, come i sensi e, di conseguenza, le sue forme più profonde come le relazioni, le comunicazioni, le interpretazioni della coscienza: non è questione del semplice utilizzo di una capacità pratica, ma tutto ciò incide sulla struttura e sulla grammatica umane. In effetti l’utilizzo dei new media produce e produrrà un nuovo modello di uomo che utilizza una grammatica differente dall’uomo visivo, abituato alla cultura alfabetizzata.

Nel contesto odierno un altro passaggio si rende necessario: considerare il virtuale come un vero e proprio spazio esistenziale. Esso non coincide, come ingannevolmente talvolta si crede, con l’artefatto, cioè qualcosa di contrapposto al reale; il virtuale appartiene alla sfera del reale a pieno titolo. Si tratta, da questa prospettiva, di una nuova conquista dell’uomo, se così si può affermare, di un’ulteriore sensibilità di percezione della realtà. Il virtuale viene a collocarsi tra il potenziale, quel che esiste ma non è ancora in atto, e l’incerto, quel che è imprevedibile. Collocato tra il potenziale e l’incerto, il virtuale ha qualche attinenza con il mistero. Mistero che di per sé è disponibile all’uomo, in quanto egli è messo nelle condizioni di poterlo conoscere, ma mai nella totalità; pertanto, il mistero nella sua indisponibilità permane nella sfera dell’inconosciuto, che non significa, però, non sperimentabile.

Sul piano della missione della Chiesa la modalità dei linguaggi virtuali, se considerata come una mera applicazione di una tecnologia, appare uno dei tanti strumenti applicativi; in realtà la potenza estetica e l’integralità del corpo con i suoi sensi hanno ricadute in tutti i processi iniziatici della fede e in molti ambiti dell’azione missionaria ed evangelizzatrice.

don Lorenzo Voltolin, parroco e docente di comunicazione,
Facoltà teologica del Triveneto