L’ “unione” rende efficace l’azione pastorale

Lettera diocesana 2018/02

La costituzione conciliare Lumen Gentium si apre affermando che la Chiesa è «segno e strumento dell’intima unione con Dio e del genere umano» (LG 1). La Chiesa si pone come mediazione tra l’uomo e Dio, essa è ponte che unisce il divino all’umano. Dunque, essere Chiesa è essenzialmente un evento di comunicazione, di relazione, di incontro: si trasmette qualcosa di grande e di significativo che si è ricevuto. Così, le relazioni sono il bene più prezioso della Chiesa e anche la via più efficace per l’annuncio del Vangelo. È in questo contesto che la parola “comunione”, spesso utilizzata per parlare della realtà intima della Chiesa, trova il suo significato più vero. Infatti, tutto nella Chiesa è “comunione”, a partire dal mistero di Dio, la “Trinità”, che è il suo fondamento, fino alla sua manifestazione più umile e concreta. Una comunione che non elimina le differenze, ma che proprio nell’unione di queste trova la sua massima espressione.

Anche ciò che è strumento o struttura è espressione di comunione, poiché questa è la finalità stessa della Chiesa: comunione con Dio e tra gli uomini. Infatti, la comunione, perché sia vissuta e non resti nascosta nell’intimo delle coscienze, ha bisogno di forme storiche, di fatti, di scelte concrete. In tal modo comprendiamo, per esempio, tutta l’attività della Chiesa per la comunicazione della fede, sia attraverso la testimonianza della fede di fronte al mondo, sia attraverso la catechesi al suo interno, quando la narra e la trasmette per mezzo di parole e gesti.

Anche tra le diverse comunità cristiane all’interno di una Chiesa locale, si vive il dono e la conseguente responsabilità della comunione.

Così, riconosciamo nell’elezione di un Consiglio pastorale parrocchiale non un’azione formale, meramente burocratica, ma un vero esercizio di comunione. Allo stesso modo, ci troviamo di fronte a una significativa espressione di comunione quando una Chiesa diocesana decide, elabora e porta avanti alcuni impegni prioritari, o quando, dopo un cammino di riflessione e approfondimento, sceglie gli orientamenti pastorali comuni per tutte le parrocchie. Tali linee condivise diventano espressioni di vera e concreta comunione perché permettono di stabilire, tra comunità diverse, sinergie pastorali, rapporti di sussidiarietà, legami fraterni, vincoli di comunione fruttuosi, azioni pastorali più incisive ed efficaci.

Per tale motivo l’unione e non l’autoreferenzialità, l’umiltà di condividere e non la presunzione di fare da soli, consentono di evitare la dispersione di forze e il disorientamento dei più deboli, e rafforzano i vincoli di fraternità.

Anche il cammino di rinnovamento di Iniziazione cristiana, scelto e deciso dalla nostra Diocesi, è espressione concreta di una Chiesa che cammina insieme, che cerca di rispondere alle nuove esigenze e alle sfide dell’annuncio del Vangelo, non solo ai piccoli, ma sempre di più anche ai grandi. Sicuramente non è l’unica scelta che la Diocesi avrebbe potuto fare, ma è comunque una scelta importante e necessaria. Di certo, ciò che impoverisce la proposta, la rende meno efficace e soprattutto disorienta gli operatori pastorali e le famiglie, è il camminare in autonomia. Ciò che invece offre maggiori garanzie di risultati e che permette di andare incontro al futuro con fiducia e con serenità è l’agire in comunione, è l’operare per l’unità continuando a chiedere al Signore che ci indichi le sue vie, ben sapendo che nessuno ha la risposta risolutiva a tutti i problemi e le difficoltà.

don Giorgio Bezze, direttore Ufficio diocesano per l’Annuncio e la Catechesi