Il sacramento della “penitenza” nel Tempo della Fraternità

Lettera diocesana 2019/03

Vale la pena ricordare che il Tempo della Fraternità è un tempo mistagogico in cui per i ragazzi si apre la possibilità di consolidare il cammino già intrapreso negli anni precedenti, offrendo loro energie nuove per continuarlo, nella consapevolezza, tuttavia, che si tratta solo di una delle tante tappe che è possibile vivere durante la vita adolescenziale e giovanile.

Dare la possibilità ai ragazzi dagli 11 ai 14 anni di vivere il Tempo della Fraternità significa aiutarli a capire, insieme ai loro genitori, che il cammino di Iniziazione cristiana non è finalizzato ai sacramenti, ma si nutre di essi, per diventare veri cristiani maturi.

Perciò in questo tempo occorre aiutare il preadolescente a creare un legame tra ciò che ha celebrato e la propria vita, quella di tutti i giorni, in modo tale che davvero la fede diventi vita e porti vita.

L’obiettivo viene raggiunto mettendo al centro i contenuti offerti in particolare da due sacramenti: l’eucaristia, che è il sacramento che porta a pienezza la vita cristiana, e la riconciliazione, quale sacramento che la rinnova.

Ambedue i sacramenti vanno vissuti nella logica pasquale, in quanto ogni volta che celebriamo tutti i sacramenti si rivive la Pasqua del Signore. Nell’Eucaristia domenicale questo è lampante, poiché è la celebrazione reale ed esplicita della Pasqua settimanale, ma anche il sacramento della penitenza rimanda, richiamando il Battesimo, al medesimo mistero della morte e risurrezione di Gesù.

L’esperienza del peccato, infatti, è paragonabile all’esperienza di morte, di perdita di qualcosa di noi che ci impedisce di realizzarci come persone felici, e quindi di vivere in pienezza. Viceversa, la penitenza e il perdono rappresentano ciò che ci riabilita, che ci permette, con l’aiuto di Dio, di rientrare in noi stessi, di prendere coscienza delle nostre fragilità e di risorgere a vita nuova.

Mettere al centro il sacramento della penitenza è allora aiutare un ragazzo/a a vivere un cammino di conversione, da intendersi, in questa specifica età, come un cammino di conoscenza di sé che consente di diventare sempre più consapevoli dei propri limiti e delle proprie potenzialità. La penitenza, che poi sfocia nel segno sacramentale della confessione, è un’occasione per riconoscere quelle “uscite di strada” che allontano dalla vera realizzazione di sé stessi, ed è anche un modo per ritrovare, grazie alla misericordia del Signore, la fiducia in sé stessi.

L’esperienza del peccato, nella vita del preadolescente, potrebbe essere paragonata anche a una strettoia, a un’esperienza di morte, che è segnata sempre più dal passaggio, dalla crescita, dalla separazione: «Crescere infatti vuol dire, continuamente, perdere qualcosa, lasciare indietro qualcosa a cui eravamo assolutamente legati, e resistere alla tentazione di voltarci indietro».[1]

Per il preadolescente crescere è esperienza di nuova nascita; è recidere il cordone ombelicale che lo tiene unito alla famiglia per addentrarsi, senza reti di sicurezza, in quella sorta di “terra di nessuno” che sono gli anni compresi tra l’inizio della scuola secondaria di primo grado e gli ultimi anni della scuola secondaria di secondo grado. «È come se il bambino piccolo morisse per potere diventare qualcosa d’altro, qualcuno di cui non si conosce ancora l’identità».[2]

Riprendere il sacramento della penitenza in chiave esistenziale, significa aiutare i preadolescenti a vivere queste separazioni, queste morti esistenziali, come autentici cammini di conversione, capaci di far ritrovare un rinnovato rapporto con il Signore Gesù, più personale e profondo e più aderente alla loro vita.

don Giorgio Bezze, direttore Ufficio diocesano per l’Annuncio e la Catechesi


[1] M. Diana, L’alfabeto dell’educatore. Il bagaglio delle competenze. Elledici, Torino. 2013, p.74
[2] F. Feliziani Kanaiser, Lo sviluppo psico-sociale dei bambini, preadolescenti e giovani, (a cura di) E. Borghi in Scoprire cose nuove e cose antiche. Per educare alla fede cristiana nelle diverse età della vita, Lugano, 2015, p.36