Il rito… fa incontrare, vivere e dà pienezza

Lettera diocesana 2020/01

Mi accorsi subito – ero poco più che trentenne appena nominato collaboratore della “Chiesa delle piazze”, il Duomo, come si dice a Padova – che tutto si faceva in piazza: la sfilata delle auto più smaglianti, la posa degli scooter, le corse dietro alle ragazze per gavettonarle, il tracanno dei bicchieri – erano di grosso vetro allora – pieni di bollicine, Campari e cuboni di ghiaccio, il maschilissimo calcio (che iniziava alle sei e continuava fino alle due/tre la notte, la porta era quella immensa del Duomo, il corner lo faceva il terrazzo accanto al Collegio Sacro del Palazzo Vescovile da cui suor Costanzina rimetteva la palla in gioco per dieci volte e poi decideva che “basta” e loro, in quell’autunno dell’Anno del Grande Giubileo, mi chiedevano con fare sclericato: «Andre, dài chiedi tu il pallone alle suore?». Tutto si faceva in piazza: inviare un miliardo di modernissimi – allora costosissimi – sms dal mitico Nokia 3310 (si dice “trentatredieci”) carta da zucchero; poi diventarono – a prezzo proibitivo – mms con cui si potevano mandare… perfino le foto!

Nel 2007 Steve Jobs annuncia l’IPhone che nel 2008 era già in Italia: cambia il mondo! Si spegne piazza Duomo – dove restano quelli che vendono la roba da “canne” o la bianca “bamba” – e tutto il gran cerimoniale si sposa in piazza dei Signori dove il rito si riveste di nuove tinte e nuovi canoni: è la piazza “di destra” con i jeans a strappi e i risvoltini a gogò; gli IPhone 5 (con “s” e “senza s”)-6-7-8-9-X-XS-Plus-11-11Pro che sono il mondo in mano e la testa sempre piegata sullo schermo scheggiato che impazza di geniale WhatsAppismo e storie Instagram; i monopattini, le cuffie Beats by Dr. Dre e i tavolini da mojito “di destra”… perché passata via Fiume tutto diventa “di sinistra”, in piazza delle Erbe: quella degli universitari che non sono “fancazzisti” («come quelli “dei Signori” – nomen omen – che vanno alla Dante e li promuovono con i soldi del papà»), che escono “solo” “il mercoledì universitario” e “il weekend” (senza aggettivo, cioè venerdì-sabato: in totale “solo” tre sere su sette), per spaccarsi un po’ con otto-dieci spritz (sic!) che – finito il cash – si pagano con la “strisciata” (della carta, inconsapevole di essere “di sinistra”) del papà (comunque!). In piazza arrivano – chiudono e poi rinascono – mille locali per “bere-una-cosa” (ne ho contati 38 su Google Maps!) che nel perimetro Signori-Fiume-Squarcione-Erbe-Oberdan-Frutta-SanClemente-Signori e nelle laterali del ghetto (DellePiazze-Fabbri-Gritti-Martino&Solferino-Soncin) o in quelle verso “I Frutti” (Sauro-Boccalerie-Breda), mescolano “destra” e “sinistra” con le stesse gigantesche birre… Quando la campana di Dondi dell’Orologio suona le “due” scatta un semisilenzio generale, passa la camionetta di “Città sicure” e gli uomini in arancione raccolgono la differenziata… la birra si dà solo in bicchieri di plastica perché (per finta!) «siamo chiusi». Intanto tra bestemmie (che non smettono di sconvolgermi e qualche volta di farmi dire: «smettila per favore!»), e le bottiglie di Beck’s che suonano vuote sul pavé umidamente padovano, qualcuno è “devastato” per terra sulle scale della Gran Guardia, qualcuno mi ferma e magari mi approccia con: «Ti piace di più Ratzinger o papa Francesco?», «Ma lo Ior?», «Gesù però è (sic!) il numero uno», «A me la prima Comunione l’ha fatta don Piero! A me don Paolino!», «Però vengo sempre a messa in Duomo a mezzanotte a Natale e anche il giorno dell’anniversario di mio nonno», «Sei mai entrato dalle Dimesse? Suor Giannarosa è una grande!», «Ma don Floriano (1921!) insegna ancora musica al Barbarigo?»…

Se la Chiesa pensasse di non usare il rito non potrebbe stare con l’uomo: perché i riti non servono a trasmettere un messaggio ma a vivere (alle volte – ahimè – a illudersi di trovar vita)! I riti non servono a trasmettere valori ma a incontrare! I riti non servono a “scenografare” una conoscenza ma a percepire ciò che ti dà pienezza e pace dell’anima! Nessuno va in piazza per ascoltare discorsi importanti ma per fare – ritualmente e con gli altri – delle cose che lui “sente belle”! Nessuno verrà in chiesa per ascoltare discorsi importanti ma solo se troverà il modo di fare – ritualmente e con gli altri – delle cose che lui “sente belle”! Quelle di Dio però, perché quelle della piazza la fa già e non ha bisogno di rifarle!

 don Gianandrea Di Donna, direttore Ufficio per la Liturgia