Il mandarancio

Lettera diocesana_Sguardi 2021/02

È tardi. Avevamo detto di chiudere alle 22 il collegamento online con il consiglio pastorale, ma non ce l’abbiamo fatta. La preparazione di un piccolo percorso in vista della domenica di particolare attenzione alla Parola ci ha presi ed entusiasmati. Mi siedo in cucina e mentre sbuccio un mandarancio mi risuonano le voci, i sorrisi, gli interventi, la fede dei consiglieri, che hanno profumato le vie inodori di Zoom. Il mandarancio ha il gusto di tutto questo e molto altro: le storie delle persone, le sorprese della Parola quando affascina un cuore, le briciole di racconti di vita raccolte voracemente nei tempi e negli spazi che le regole ci consentono, le relazioni che stanno crescendo e sono il grande patrimonio di bene per tutta la comunità.

Qui in canonica c’è silenzio, ma un silenzio abitato, colorato dagli affetti che, nel nome del Signore Gesù, ricevo come dono e percepisco presenti in tutta la comunità: una rete discreta e profonda, che abita, sostiene e scalda i giorni.

In questi affetti incontro davvero il Signore! Non mi ha mai avvicinato in momenti straordinari, con effetti speciali. Non ho mai avuto visioni o rivelazioni: è sempre stata la dimensione umana, mia e degli altri, il ponte che mi ha permesso di raggiungerlo e di sentirmi raggiunto da lui.

Affetti ed effetti: il virus sta lavorando tanto su entrambi i fronti, ed è più veloce di noi. Ormai tutti avvertiamo che il nostro impianto pastorale scricchiola, proprio perché non regge il confronto, perché le parole ad effetto non riescono più a parlare agli affetti, a sostenerli, a leggerci dentro il Vangelo che già portano con sé, senza che pensiamo sempre di essere noi ad andarcelo a portare.

Questi mesi del Covid stanno aumentando la consapevolezza che siamo impastati di affetti, e siamo sensibili a ciò che li aiuta a parlare e refrattari a ciò che pensa di farli tacere o di bypassarli.

È il mistero dell’Incarnazione: detta così è una parola solenne. Se la sbricioliamo vi troviamo i giorni feriali, le cose piccole, la confidenza guadagnata con tutto il nostro mondo.

Il Messale, riportando la “Professione di fede” indica: «Alle parole: e per opera dello Spirito Santo… fino a si è fatto uomo, tutti si inchinano». Spesso la liturgia, anziana di secoli, ci precede sulle vie della novità! È commovente questo inchino, che ci fa onorare il Signore che ha voluto fare sua la nostra carne, stare dentro alla nostra debolezza, nutrirsi dei nostri stessi affetti. «Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo» (Gaudium et spes 22).

Papa Francesco, nella Lettera apostolica Con cuore di padre, su san Giuseppe, scrive: «Voglio immaginare che dagli atteggiamenti di Giuseppe Gesù abbia preso spunto per la parabola del padre misericordioso»(4). Penso siamo autorizzati a mettere anche gli affetti tra quegli atteggiamenti del cuore che diventano spunto per la narrazione misericordiosa della salvezza.

Il mandarancio è finito. Il suo profumo rimane. Comincio la preghiera di Compieta: «O Dio vieni a salvarmi. Signore vieni presto in mio aiuto». Signore, ogni giorno mi aiuti grazie all’umanità che è in me e attorno a me. Ogni giorno mi salvi nella liberante rete degli affetti, e così la notte diventa affrontabile, il giorno si avvicina…

don Silvano Berto, parroco di San Bonaventura di Cadoneghe (Pd)