Da leggere e da vedere 2018/05

Da leggere 2018/05

LA VITA E I GIORNI

Enzo Bianchi, La vita e i giorni. Sulla vecchiaia, il Mulino, 2018, pp. 144, 13,00 euro

Terra sconosciuta in cui ci inoltriamo lentamente, paese aspro da attraversare e da conquistare, la vecchiaia ha le sue grandi ombre, le sue insidie e le sue fragilità, ma non va separata dalla vita: fa parte del cammino dell’esistenza e ha le sue chance. Vecchiaia è arte del vivere, che possiamo in larga parte costruire, a partire dalla nostra consapevolezza, dalle nostre scelte, dalla qualità della convivenza che coltiviamo insieme agli altri, mai senza gli altri, giorno dopo giorno. È un prepararsi a lasciare la presa, ad accettare l’incompiuto, ad allentare il controllo sul mondo e sulle cose. Nell’inesorabile faccia a faccia con il corpo che progressivamente ci tradisce, Enzo Bianchi invita tutti noi ad accogliere questo tempo della vita pieno, senza nulla concedere a una malinconica nostalgia del futuro, ma anzi trovando qui l’occasione preziosa di un generoso atto di fiducia verso le nuove generazioni.

L’autore. Enzo Bianchi ha fondato la Comunità monastica di Bose di cui è stato priore fino al 2017. È autore di testi sulla spiritualità cristiana e sul dialogo della Chiesa con il mondo contemporaneo.


NON AVERE PAURA DEL CORPO

Jean-Pierre Brice Olivier, Non avere paura del corpo, Edizioni Qiqajon, 2018, pp. 136, 14,00 euro

La nostra umanità, la nostra carne, non è mai un ostacolo alla vita spirituale, anzi è al suo servizio. L’umano, che sembra limitarci, non è in opposizione alla nostra ricerca di Dio: è la nostra unica via di santità. Abbracciare e accogliere noi stessi è la cosa più difficile e più impegnativa. Ma se Dio stesso si è incarnato in un corpo umano, anche noi siamo chiamati a questa incarnazione nel nostro corpo. La carne, che è il nostro essere in pienezza, è il luogo benedetto della nostra vita, già fin d’ora. È chiamata all’eternità e destinata alla gloria.

L’autore Jean-Pierre Brice Olivier, domenicano del convento di Lille, ha diretto una galleria di arte contemporanea a Parigi dal 1984 al 1996; esercita il suo ministero di predicazione principalmente attraverso ritiri spirituali a gruppi diversi e in carcere. Con questo libro nel 2015 ha vinto il Prix du livre de spiritualité.


IL CORPO

Aa.Vv., Il corpo. Nona rassegna internazionale di illustrazione, Museo diocesano di Padova & Mediagraf edizioni, 2018, pp. 176, 25,00 euro

La nona rassegna internazionale di illustrazione I colori del Sacro. Il corpo è come di consueto accompagnata da un catalogo ricco di contributi di approfondimento. Quattro in particolare gli studi contenuti. Andrea Nante, direttore del Museo diocesano e della rassegna racconta la mostra e il suo significato in un contributo dal titolo Il corpo al centro della vita; segue il benedettino Giorgio Bonaccorso, docente dell’Istituto di Liturgia pastorale di Santa Giustina, con un ampio studio sul Corpo vivente. Mentre Marni Campagnaro, del dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia applicata dell’Università di Padova, con Essere tattile. Corporeità, sensorialità, libri e narrazioni nell’infanzia entra nel mondo dei più piccoli intrecciando illustrazione e psicologia. Infine Giulia Mirandola, studiosa del linguaggio degli albi illustrati offre un contributo sul tema La rappresentazione del corpo nei libri per l’infanzia.


Da vedere 2018/05

IL CIGNO NERO

di Darren Aronofsky
drammatico, 103’

A New York la ballerina classica Nina (che vive una situazione di sudditanza verso la madre, un’ex della danza) viene scelta dal direttore artistico Thomas per sostituire l’etoile Beth in vista dell’allestimento de Il lago dei cigni, apertura della stagione. Si tratta di un ruolo a doppia faccia: quella del cigno bianco, aggraziato e innocente, quella del cigno nero, astuto e sensuale. Per la prima, Nina è perfetta, per la seconda emergono durante le prove grosse difficoltà legate alle riserve mentali della ragazza verso il personaggio. Lily, la giovanissima ballerina scelta come riserva, si mostra più disponibile e priva di scrupoli. Per superare gli ostacoli Nina deve forzare se stessa, ma quando va in scena, il logorio fisico è tale da impedirle di arrivare felicemente alla fine.

Ogni storia incentrata sul balletto classico vive di alcuni punti fermi, che, proprio in quanto tali, diventano da subito il banco di prova della realizzazione. Muovendosi tra l’ideale della perfezione tecnica, l’arte assoluta, il sacrificio (sacro fare), la competizione spietata, la solitudine e la paura del fallimento, Aronofsky sguazza in una materia certamente non nuova: l’estetica del far vedere ciò che prima era possibile solo accennare. Così la reticente e pudica Nina diventa facile preda non solo del bel Thomas ma anche della disinibita Lily, che conduce la “collega” su nuove vie. Il manierismo patinato delle immagini va da una parte, l’insipienza dell’impianto psicologico dall’altra. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso e problematico (dal giudizio della Commissione nazionale valutazione film della CEI).


PRIMO AMORE 

di Matteo Garrone
drammatico, 93’

Nel vicentino, Vittorio, mentre manda avanti un laboratorio di orafo, insegue la personale ossessione di accompagnarsi con donne magre. Incontra Sonia, la osserva, la trova quasi “giusta”, e la invita a mettersi mentalmente nella prospettiva di scendere di peso fino a toccare e i 40 chili. La ragazza non rifiuta, e, trasferitasi con l’uomo nella nuova casa da lui acquistata, si sottopone a una serie di trattamenti finalizzati al dimagrimento. Col passare dei giorni però, Sonia avverte urgente la spinta a ribellarsi a quelle condizioni. In un ristorante, mentre Vittorio è andato a un altro tavolo a salutare alcuni amici, lei mangia la pasta che lui ha ordinato cercando di non farsi vedere. L’equilibrio a questo punto si rompe. Sonia non obbedisce più ma non sa fuggire. Vittorio è deluso per il proprio fallimento. Proseguire risulta inutile.

Matteo Garrone racconta una vicenda di amore assoluto, o meglio assolutizzato. Fin dal titolo, si può dire: perché Primo amore indica qualcosa che non c’è stato prima e che quindi ha la dimensione di un momento irripetibile. Il tema è difficile e certo anche rischioso. La tendenza al dimagrimento, nata da condizionamenti da società spettacolo, è ben presto degenerata nella convinzione che essere magri sia una forma di affermazione di sé, per la quale si fanno sacrifici assurdi che portano all’anoressia. Garrone però sfiora soltanto questa tematica per concentrarsi invece sui meccanismi della passione, questi ancora più difficili da capire e da spiegare. Il regista è bravo a collocare i passaggi del racconto in scansioni rigide e fredde, che non danno mai adito a compiacimenti. Il dramma (perché tale è) arriva a noi freddo e intatto nella sua assurdità. L’assenza di spiegazioni è solo in parte da attribuire a voglia di non capire, semmai Garrone rinuncia con troppa fretta a dare spazio alla “ragione” e alla misura dei sentimenti per cedere all’abisso dell’irrazionale. Film anomalo, non facile, anche scontroso, e, dal punto di vista pastorale, da valutare come discutibile, comunque problematico e adatto a dibattiti (dal giudizio della Commissione nazionale valutazione film della CEI).