Consolatevi a vicenda

Lettera diocesana 2017/07

L’accompagnamento spirituale pastorale
per le famiglie in lutto
nella Chiesa sorella di Roraima in Brasile

Sul far della sera, mentre ci si lascia accarezzare dagli ultimi fasci di luce del sole al suo tramonto, credo faccia parte della nostra umanità più profonda sentire come un fremito che convive assieme allo stupore del compimento di un’altra giornata: è il timore per la notte che viene. Non sappiamo cosa ci riserverà e, soprattutto, ci sembra che il sole se ne sia andato per sempre. Così come il volto di chi ci è stato caro, per la cui vita avremmo pagato fortune. Ma la stessa vita ha i suoi punti di non ritorno.

È in momenti come questi che si prova la verità di parole profonde come quelle che lo stesso Silvio Pellico invia al suo amico Piero Maroncelli dal carcere dello Spilberg: «Consolati… consolatevi a vicenda! La fratellanza delle catene è sacra: ce n’è un’altra di più indissolubile?».

Il senso profondo della consolazione secondo i Padri della Chiesa, è frutto di un cuore pieno di compassione/misericordia; forse anche per questo la pietà popolare è riuscita a ritrarre meravigliosamente questa connotazione tipica dello Spirito, il Paraclito/Consolatore, nella figura di Maria, la Vergine della Consolazione proprio perché Lei stessa è stata provata nel dolore più profondo e, perciò stesso, capace di consolare quanti si trovano in ogni tipo di afflizione poiché Lei stessa consolata dallo Spirito (cf. 2Cor 1,1-7).

Guardando i volti rigati dalle lacrime della tantissime madri che qui in Brasile, come forse in ogni parte del nostro mondo, perdono i loro figli a causa dell’assurdità della violenza, del traffico di droga o di esseri umani o anche solo per mancanza di risorse per poterli curare dalle loro malattie, ho provato più volte anch’io il fremito della notte che viene e davanti alla quale mi sono sentito da solo. Impotente.

Qui nella nostra parrocchia di Caracaraí, nella regione centrale dello stato di Roraima, estremo nord del Brasile, l’esperienza di fede della gente semplice e povera manifesta la ricchezza interiore di un’umanità che si rivela proprio nel momento in cui la notte viene. Nel giorno della partenza di una persona cara ci si incontra insieme nella casa dei suoi familiari in lutto. Per chi crede e spera nella risurrezione di Gesù, sorge spontaneo il desiderio di farsi presenti a coloro che stanno vivendo un momento di fragilità umana e spirituale:

«Non si rattristi il vostro cuore… Vado a prepararvi un posto» (cf. Gv 14,1-2).

E la preghiera che anche a queste latitudini sgorga dal cuore dei credenti, è la preghiera della Madre di Gesù che è presente e ci consola e ci invita a consolarci gli uni gli altri anche solo con la nostra presenza.

Si sa che a partire dal giorno della sepoltura del caro estinto, comincia il vero calvario per molte persone. Non si è mai preparati per gestire il vuoto lasciato da chi ci ha amato e che si è amato per molto tempo. È proprio a partire da questi momenti che la comunità cristiana, senza voler sostituirsi a nessuno e senza forzature emotive indebite, si rende disponibile ad accompagnare e a vivere il tempo del lutto perché le lacrime del dolore possano fare spazio agli sprazzi di luce di un nuovo mattino, di una nuova giornata di vita. È camminando insieme nella notte profonda dello spirito e degli affetti che quello strascichio dei passi dei viandanti genera nel cuore di tutti la certezza che nulla ci può far paura quando attraversiamo insieme e in comunione fra noi il mare tempestoso della vita. È questa la vera Pasqua dell’umanità nell’esodo del tempo!

Qui in parrocchia ci si organizza insieme, coordinati da un gruppo, la Pastorale della Speranza, che per sette serate si incontra nella casa di chi ha perso una persona cara. Ogni notte si accende una delle sette candele poste su un candelabro a sette bracci; a ogni candela si affida un tema: la luce dell’amore, la luce della fede, la luce della gioia, la luce dell’unità, la luce di Dio, la luce di Cristo, la luce del cristiano. In una sala della casa che ha accolto la proposta di questo accompagnamento spirituale, ci si riunisce invitando quanti, nella comunità cristiana, vogliono rendersi presenti e solidali con chi sta vivendo il tempo del lutto. Sopra il tavolo il Libro della Parola di Dio e sette candele che saranno accese una per ogni incontro. Molti portano con sé fiori, immagini di Gesù, Maria o foto della persona defunta e li depongono sopra il tavolo.

Ci si incontra per sette giorni. Sette, come i giorni della Creazione, l’ordine delle cose da cui proveniamo e verso cui tutti andiamo. Come nella tradizione della Scrittura, il numero sette indica perfezione ed è la somma di tre più quattro: tre, indica la Santissima Trinità; il quattro indica i quattro punti cardinali, la realtà della creazione, la simbologia che celebra l’unione di Dio Creatore con le sue creature. Nella morte ogni essere si ricongiunge al suo Creatore. L’accensione dell’ultima candela del candelabro, la settima, sarà segno che la persona cara sarà in piena comunione con Dio per la sua misericordia.

E mentre lasciamo la casa dove ci siamo incontrati per pregare insieme, per ricordare e per lasciarci illuminare dalla Parola di Dio guardo il cielo stellato di Roraima e sento nel cuore che anche le stelle che stanno attorno a noi ci aiutano a vivere, alla luce della fede, la notte della vita come un’anticipazione del giorno che verrà. Anche per la Chiesa di Cristo un autentico rinnovamento per ciò che essa stessa vorrà essere in futuro dovrà passare inevitabilmente per il cuore dell’uomo soprattutto nei momenti in cui si sente più ferito e fragile, come samaritani che diventano esperti nell’arte di consolare, versando nei cuori feriti che incontra lungo la strada dell’esodo nel tempo l’olio della consolazione e il vino della speranza. Come ci ha insegnato Gesù.

don Lucio Nicoletto, fidei donum in Brasile