Comunicare e comprendere… oltre la mascherina

Lettera diocesana 2020/04

In molti ricorderemo le polemiche sorte non tanto tempo fa, in merito alle misure antiterrorismo che impedivano alle persone di circolare in luoghi pubblici con il viso coperto. Veniva ribadita la necessità di tutelare l’ordine pubblico con misure prese per evitare occultamenti o travisamenti di identità. Per scongiurare atti di terrorismo internazionale, venivano impediti oggetti, vestiti e qualsiasi altro mezzo indoneo a impedire o rendere difficoltoso il riconoscimento della persona.

Se sei un nemico, per poterti combattere, voglio vederti in faccia, riconoscerti!

Ma se il nemico fosse invisibile? Ecco allora che a causa di un terribile virus che abbiamo imparato a chiamare Covid-19, sempre per motivi di sicurezza, siamo stati obbligati a indossare una mascherina per coprire naso e bocca.

C’è un nemico invisibile e cerco di nascondermi affinché non mi riconosca e non mi attacchi! In realtà la mascherina protegge noi dagli altri, ma anche viceversa!

In questi ultimi mesi abbiamo imparato a conoscere le varie tipologie di mascherine, dalle mascherine FFP1, FFP2, FFP3 (con e senza valvole) a quelle più comuni e diffuse nella popolazione come le mascherine chirurgiche. Forse non ci siamo ancora abituati del tutto a portarle, qualche volta a me, per esempio, capita ancora di uscire di casa senza e dover ritornare a prenderla! C’è poco da girarci attorno, la mascherina è fastidiosa, è una barriera, ci fa respirare la nostra anidride carbonica, ci procura prurito a naso e bocca, ma c’è un aspetto particolare a cui vorrei brevemente accennare: le problematiche comunicative causate dall’utilizzo delle mascherine.

Fin da piccoli abbiamo imparato a parlare e a comprendere cosa ci veniva detto da mamma e papà, non solo ascoltando la loro voce, ma anche guardando l’espressività del loro volto.

Ancora adesso, ormai cresciuti, bocca e occhi sono le zone che durante un dialogo osserviamo di più perché essendo le parti più espressive del viso sono anche quelle che trasmettono più informazioni. Magari non ce ne rendiamo conto, eppure ne analizziamo i movimenti, combinandoli insieme, per interpretare correttamente ciò che ci viene detto.

L’utilizzo della mascherina complica le cose! Per esprimere la sensazione di felicità o gioia, per esempio, usiamo soprattutto la bocca e per questo con la bocca coperta è più difficile presentarsi come amichevoli e disponibili: chi ci vede non si accorge che sorridiamo e ci potrebbe percepire come ostili o indifferenti.

Una fatica in più dunque, che si aggiunge a questo tempo drammatico che l’umanità sta vivendo Tuttavia questo tempo ci stia consegnando anche una grande opportunità: riflettere sull’importanza della comunicazione. Non possiamo passare una vita dietro uno schermo per capirci meglio senza mascherine, possiamo e dobbiamo sforzarci a imparare un modo nuovo di comunicare, dando maggiore attenzione al tono di voce che utilizziamo, sforzandoci di scandire bene le parole, ma soprattuto tornando a ridare importanza a tutte le altre chiavi di lettura che abbiamo a disposizione. Oggi non potendo fare affidamento sui movimenti delle labbra, guardarsi negli occhi è diventato davvero importante. Allora educhiamoci a sorridere con i nostri occhi, impariamo ad accarezzare il volto dell’altro con uno sguardo, evitiamo di ferire o di giudicare chi abbiamo davanti con un’occhiataccia.

Un buon consiglio può essere quello di utilizzare molte più parole del solito per farsi capire e fare più domande può essere una buona strategia per essere sicuri di aver capito l’altra persona. Bisogna imparare a coinvolgere gli altri sensi e a usare il linguaggio del corpo.

La mascherina può rappresentare un problema serio, che rischia di compromettere la possibilità stessa di comprendere e comunicare (pensiamo a chi non vede o non sente), ma non diventi mai una scusa per sollevare barriere molto più pericolose e dolorose come quelle che nascono da discriminazioni o pregiudizi che provocano ferite e distanziamenti sociali ben più ampi di quelli che per il momento le norme sanitarie ci impongono.

don Daniele Longato, direttore Ufficio diocesano per le Comunicazioni sociali