Chiesa sinodale

Lettera diocesana_Sguardi 2021/05

L’importanza della sinodalità

Uno dei temi sui quali insiste papa Francesco è la sinodalità, stile che dovrebbe caratterizzare la prassi ecclesiale. In occasione del 50° anniversario dell’Istituzione del sinodo dei vescovi, così pure nell’Evangelii Gaudium, più volte, ritorna sull’importanza del coinvolgimento di tutti i membri della Chiesa nelle decisioni che la riguardano.

La qualità della sinodalità è indissolubilmente legata alla fedeltà della comunità cristiana al Dio trinitario e alla missione ricevuta da lui.

Questo “camminare insieme” non è solo una sensibilità del pontefice, ma è qualcosa di profondamente radicato nella tradizione della fede – la parola “Sinodo” richiama i contenuti più profondi della rivelazione: il cammino fatto insieme dal popolo di Dio, l’essere convocati in assemblea dei discepoli di Gesù e fin dai primi secoli, designa le assemblee ecclesiali convocate a vari livelli, per discernere alla luce della Parola di Dio, in ascolto dello Spirito Santo, su questioni dottrinali, liturgiche, canoniche e pastorali.

La ragione della sinodalità

Ancora oggi è presente nel mondo cattolico, la convinzione che la voce dello Spirito sia già stata udita una volta per tutte e che il compito di comprenderne eventuali “aggiornamenti”, meramente esplicativi di ciò che è già noto, competa solo al magistero; in questa prospettiva la sinodalità non serve a nulla.

La svolta iniziata nel IV secolo, quando il cristianesimo è divenuto la religione dell’impero romano, ha gradualmente indebolito la dedizione missionaria delle prime generazioni e ha fatto perdere di vista l’idea che la Chiesa è continuamente generata dal Signore risorto attraverso il suo Spirito che agisce attraverso i sacramenti, ma anzitutto per mezzo dell’annuncio evangelico.

Occorre pensare che lo Spirito parli a tutti i membri della Chiesa, non solo ai vescovi, e non una volta per tutte, ma in modo progressivo. Tutti i battezzati sono chiamati a mettersi continuamente in ascolto della sua voce che risuona nella parola di Dio, e a farlo in modo sinodale.

 I documenti del concilio Vaticano II, confermano questa visione, sebbene in parte.

Il quarto capitolo della Lumen Gentium riconosce l’autonomia dei laici nel mondo, ma non nelle comunità cristiane, nelle quali restano sostanzialmente in una certa inferiorità rispetto ai ministri ordinati.

Il capitolo secondo della stessa costituzione, menziona il senso di fede, un carisma, dono dello Spirito Santo, che è conferito a tutti i battezzati e che consente loro di comprendere e di vivere più pienamente la fede, e di individuare le vie migliori per l’evangelizzazione pur sotto la guida del magistero. La sinodalità è l’unico modo possibile per valorizzare il senso di fede di tutti i battezzati.

I supervisori della sinodalità

Il terzo capitolo della Lumen Gentium stabilisce che il discernimento sull’autenticità delle opinioni dei fedeli (sono frutto dello Spirito o della fantasia?), spetta unicamente al magistero; in un certo senso, così sembra venga depotenziata la capacità dei fedeli di accogliere la Parola di Dio. In realtà considerando quanto afferma il secondo capitolo, sempre della LG, i pastori sono dentro al popolo di Dio in quanto appartengono a una Chiesa locale, sono figli delle loro comunità prima che esserne padri, vi è una costante e quotidiana contaminazione del loro essere cristiani con il modo di credere della comunità; quindi il compito di ascoltare la Parola di Dio non spetta in prima istanza ai pastori, ma a tutti i membri del popolo di Dio, il compito di supervisione autorevole dei ministri ordinati e anzitutto dei vescovi, emerge in seconda istanza.

I rischi della sinodalità

Possibili derive o fraintendimenti che possono inficiare la prassi sinodale:

Sinodalità non significa evitare i conflitti, mettere tutti d’accordo; la sinodalità, consegna sempre a una comunità cristiana una serie di opinioni contrastanti, audaci progetti di riforma mescolati alla paura e al desiderio di non cambiare nulla per il timore di forti lacerazioni del tessuto ecclesiale. La sinodalità, al pari del Vangelo, è “pericolosa” in quanto potenzialmente generatrice di conflitti.

Sinodalità non significa fare solo dichiarazioni teoriche. Quando si è ascoltata la voce dello Spirito, attraverso un percorso sinodale, non basta prendere decisioni programmatiche o scrivere documenti, è necessaria un’ampia divulgazione, spiegazione e infine verifica della recezione da parte delle comunità.

Sinodalità non significa percorso predefinito; sinodalità significa ascoltare in modo comunitario lo Spirito alla luce di alcune domande che si ritengono importanti, e strada facendo, essere disponibili a cambiare completamente prospettiva, bisogna rinunciare a tener sotto controllo lo sviluppo del percorso di riflessione ecclesiale, disponibili a trovare risposte inaspettate.

Sinodalità non significa discutere di tutto, men che meno gli aspetti fondamentali della tradizione ecclesiale, la sinodalità non è compatibile con una visione costruzionista della verità.

La sinodalità è una dinamica molto complessa, che rischia continuamente di non decollare o di naufragare. Non ci si deve dimenticare però che essa ha come protagonista principale lo Spirito Santo e non i credenti, neppure i pastori, e che Egli è sempre più grande delle chiusure e delle resistenze delle comunità cristiane alla sua azione

suor Lia Pasquale, segreteria del Sinodo diocesano,
rilegge 
Massimo Nardello, Chiesa sinodale,
in CredereOggi 39 (4/2019) n.232, 115-127