Carità: lo stile del prendersi cura

Nessuno dei 14 temi del Sinodo si focalizza sulla pastorale della carità e più specificamente sull’attitudine della Chiesa a essere per, e a stare con le persone più fragili ed emarginate, i poveri, per usare una categoria biblica. Questo riscontro salta all’occhio in modo particolare per l’insistenza con cui il tema della povertà e dei poveri si presenta nel magistero di Papa Francesco e anche per il recente interesse che questo tema ha suscitato nella nostra Diocesi per la scelta di definire orizzonte pastorale “La carità nel tempo della fragilità”. Evidentemente negli spazi di dialogo questo tema è emerso in modo sporadico o senza una consistenza di contenuti tale da indurre la commissione sinodale a farlo diventare uno dei temi dell’Instrumentum Laboris (1).

Una lettura trasversale dei 14 temi permette comunque di delineare alcuni elementi che caratterizzano una certa attenzione all’argomento da parte di chi ha partecipato agli spazi di dialogo. Di per sé più di qualche tema, almeno nel titolo presenta possibili aperture e agganci. Basti pensare al tema della famiglia e all’esigenza di costituire reti di famiglie solidali capaci di includere quelle più marginali. Oppure al tema del dialogo con la cultura laddove diritti, uguaglianza, giustizia sociale e solidarietà potrebbero costituire un terreno favorevole per forme di collaborazione con una molteplicità di soggetti. O ancora al tema della liturgia in quanto esperienza che origina e innesca ogni forma di amore fraterno e in particolare quello per gli ultimi.

Soffermiamoci però sul riferimento più chiaro presente nel tema “le parrocchie e lo stile evangelico: una casa fraterna e ospitale” laddove si dice che «è espressione tipica della parrocchia […] prendersi cura dell’altro, delle persone povere e fragili, degli anziani e degli ammalati, dei profughi, delle molteplici situazioni di marginalità e disuguaglianza». È significativo che si parli del nostro tema nel contesto delle relazioni che una comunità cristiana sviluppa al suo interno e verso l’esterno. Quello delle relazioni è un argomento molto ricorrente in tutto il documento ma il fatto di averlo applicato alle persone più fragili, ai poveri colloca la riflessione sulla carità non tanto sulla creazione di servizi, o sull’esigenza di dare risposte a bisogni quanto sull’interesse per l’altro visto come persona. Sembra che il termine “cura”, che compare nel testo, dica proprio l’attenzione a considerare tutti gli aspetti che costituiscono la persona umana. Ciò significa che la comunità cristiana nei confronti dei poveri si pone con lo stupore di chi percepisce di poter ricevere e donare in una forma di reciprocità tipicamente evangelica: “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. E se il dono più grande di una comunità cristiana è la buona notizia del Regno di Dio, la relazione con le persone più fragili diventa una forma di comunione nella fede in cui ognuno evangelizza ed è evangelizzato. Nel testo si indica anche la necessità di educarsi a «una “postura” personale disponibile all’ascolto empatico […] da tradurre in accoglienza incondizionata, nel prendere consapevolezza di tanti pregiudizi ancora presenti, nello stile della gratuità e ospitalità». Questa esigenza di cambiamento profondo di ognuno e delle nostre comunità dice che il cammino di conversione non è mai compiuto e che la contro testimonianza rimane una possibilità sulla quale vigilare. Il cammino sinodale è ancora lungo e ci aspettiamo altre intuizioni riguardo la pastorale della carità dai gruppi di discernimento e dall’assemblea solidale.

Lorenzo Rampon, direttore Caritas diocesana